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Zanzare e Cybersecurity

Uno strano connubbio, dalle sorprendenti similitudini

Con l’estate capita a tutti, una serata tranquilla all’aperto e arriva una zanzara.
Silenziosa (fino a quando non si avvicina all’orecchio), paziente, invisibile fino all’ultimo.
E d’improvviso… punge.

Questa immagine, oltre a essere familiare, è sorprendentemente utile per spiegare il comportamento degli attaccanti cyber. Le zanzare ci ricordano che non serve un super predatore per metterci in difficoltà: basta un piccolo attore con una strategia ben affinata.

È questo il motivo per cui chi scrive ha deciso di ricominciare l’anno editoriale con un testo che potrà apparire sui generis e, seppure influenzato dalle pungenti esperienze estive, ma ha scopo ben preciso: sottolineare quanto nella cybersecurity – come nelle serate estive – la difesa proattiva e multilivello è l’unico antidoto per evitare di trasformare un fastidio in un serio problema.

Quindi eccoci qui:

Il comportamento predatorio delle zanzare e degli hacker rivela interessanti affinità, sia nelle modalità operative che nelle motivazioni che guidano entrambi e la logica dietro le azioni principali è identica:

Vediamo le analogie…iniziamo con il modus operandi:

Individuazione del bersaglio

  • Zanzara le zanzare femmine, responsabili delle punture, ci scelgono in base ad alcuni parametri ambientali e fisiologici precisi. Per esempio, sono attratte dalla CO2 emessa con la respirazione, il calore corporeo ed il nostro odore, ci “sorvolano” per capire dove pungere
  • Hacker: Anche loro ci scelgono grazie a parametri precisi, per esempio, la “superficie d’attacco” esposta, utilizzano strumenti di ricognizione passiva e attiva. Valutano vulnerabilità esposte su sistemi legacy, utenti, configurazioni errate e segnali digitali deboli, spesso trascurati dai sistemi di protezione delle aziende

Approccio silenzioso

  • Zanzare: si avvicinano senza farsi notare. Hanno una preferenza per aree difficili da difendere (caviglie, collo, viso).
  • Hacker: si avvicinano senza farsi notare, privilegiano movimenti laterali nascosti (lateral movement) e tecniche di living-off-the-land oppure usano l’incursione in “zone cieche” (sistemi non monitorati, ambienti legacy, endpoint periferici), sfruttando tecniche di social engineering, phishing, exploit zero-day e malware “stealth” che imitano il comportamento legittimo di applicazioni e utenti.

All’inizio non fanno male

  • Zanzare: iniettano immediatamente sostanze anestetizzanti e anticoagulanti cheservono a non farsi percepire durante la puntura.  
  • Hacker: l’iniezione di codice malevolo avviene spesso tramite payload progettati per eludere la detection (similmente alle sostanze anestetiche della zanzara), sfruttando la persistenza.

Velocità

  • Zanzare: raccolgono ciò che serve e scompaiono, lasciando in genere solo un fastidio postumo (il prurito, che rappresenta la reazione del nostro sistema immunitario).
  • Hacker: prendono ciò che vogliono e scompaiono: l’exfiltration dei dati o la cifratura avviene in modo non percepibile,esfiltrano dati, cifrano file, monetizzano l’attacco e lasciano conseguenze che emergono solo a posteriori (data breach, downtime, danni reputazionali).

Scopo

  • Zanzare: la motivazione mappa esigenze riproduttive. La zanzara non vuole farci del male, ma sfruttarci (sapevate che la zanzara preleva il nostro sangue non per nutrirsi, ma per consentire la maturazione delle uova?)
  • Hacker: le motivazioni variano da profitto (furto, estorsione ransomware), spionaggio industriale, vendette interne, fino a ideologie e nation-state operations. In tutti i casi, la logica è estrattiva ed opportunistica: colpire bersagli più vulnerabili, massimizzare il danno col minimo rischio di rilevamento

Il parallelismo che conta

Se guardiamo bene, la logica è identica:

  • La zanzara non vuole ucciderci, ma sfruttarci.
  • L’attaccante non vuole distruggere l’azienda (nella maggior parte dei casi), ma trarre profitto.

Entrambi gli attori operano su principi di invisibilità, efficacia, selettività e minimizzazione del rischio.

Quale riflessione ci portiamo a casa?

La comprensione approfondita degli algoritmi di selezione del target è sempre e inevitabilmente centrale per migliorare le strategie di difesa proactive.

La prevenzione è l’arma migliore come sempre, e si fonda sulla riduzione della superficie esposta. Se per le zanzare le armi migliori per prevenire sono la zanzariera, i repellenti, l’attenzione alle zone di ristagno, nel caso degli attacchi hacker la detection e reaction automatiche, la sicurezza multilivello, i controlli sui fornitori terzi segmentazione della rete, il monitoraggio comportamentale, il patching regolare, le simulazioni di attacco… sono tutti strumenti utili (e oggi necessari) a ridurre il rischio di intrusione.

Ci sembra di sentire un un ronzio diverso adesso, quello dei vostri pensieri… E se la vostra azienda fosse “la prossima caviglia” nel mirino di una zanzara?